“30 anni? Questo ti fa capire ancora una volta che si sta invecchiando, ma sono dei ricordi che nessuno ci può togliere. Siamo ancora tutti in contatto ed è l’aspetto più bello. Tra l’altro quest’anno festeggio anche il 50esimo anniversario dello scudetto vinto da giocatore con la Primavera del Torino”.
Chi meglio di Beppe Dezio può trasportarci indietro di 30 anni… C’era lui infatti sulla panchina del Chieri in quella domenica 22 aprile 1990, quando gli azzurri sconfiggono l’Ovadamobili 3-0 e mettono il sigillo sul Campionato Regionale Dilettanti di Promozione e sul passaggio in Interregionale (l’attuale Serie D).
Una stagione incredibile, vissuta sempre con il piede sull’acceleratore, e gestita sapientemente da un allenatore che solo due anni prima era nell’undici titolare.
Andiamo in ordine. Smetti con il calcio giocato nell’87/’88, ti siedi sulla panchina della Juniores e subito dopo arriva la chiamata in Prima squadra…
“Avevo smesso da poco e il dover allenare molti miei ex compagni poteva essere un’arma a doppio taglio. Sia la dirigenza di allora che il sottoscritto, abbiamo valutato a lungo questa ipotesi. Ma conoscendo i ragazzi ho deciso di accettare: li conoscevo ed erano tutti grandi uomini prima ancora che grandi giocatori”.
Fu davvero semplice gestire ragazzi con cui avevi condiviso lo spogliatoio?
“Sì. Non ho mai avuto un problema da risolvere per quanto riguardava il gruppo. Io ho sempre messo la persona prima del giocatore, perché la ritengo una cosa fondamentale. Sono insegnamenti che mi porto dietro dagli anni del Filadelfia, che mi hanno lasciato ricordi e valori indelebili”.
C’è un aneddoto sulla qualità morale di quel gruppo?
“Quell’anno era entrato in pianta stabile in Prima squadra Tinozzi, che io avevo visto crescere in Juniores. Durante la preparazione estiva Di Leone si fa male ed è costretto a operarsi al menisco. Così a partire dalla Coppa Italia faccio giocare Tinozzi, che mette subito in mostra le sue qualità. Poi Di Leone inizia a recuperare e vedo che morde il freno. Ricky andava molto bene ma Di Leone era un giocatore di categoria… Insomma, era un problema che dovevo risolvere. Un giorno entro nello spogliatoio per parlargli ma Di Leone mi anticipa: ‘Non devi farti nessun problema. Fai le tue scelte, siamo nel mondo del calcio, quindi va bene così’. Capito che ragazzi?”.
Quella fu una grande cavalcata, eppure in estate non eravate certo i favoriti.
“È vero, siamo stati un po’ una sorpresa. Nella stagione precedente la squadra era partita con grandi ambizioni ma poi il campionato era andato diversamente. Quando ho preso in mano il gruppo un po’ di giocatori volevano andare via. Sono riuscito a trattenere Negro e a riportare Fiorito che era in prestito a Pinerolo. Abbiamo poi rinforzato la rosa con Canova, Bellaccomo e Pisano, giocatori che ho voluto fortemente. Sulla carta però le favorite per la vittoria finale erano Asti e Novese”.
Quali erano gli impegni in settimana?
“All’epoca facevamo due allenamenti a settimana di sera, il martedì e il giovedì. Poi ad un certo punto ho deciso di aggiungere una seduta anche il venerdì, ma senza l’obbligo di presenza: c’erano sempre tutti. Era un gruppo disponibile e il giovedì sera mangiavamo tutti assieme. Era gente che stava bene insieme, che si divertiva. Era un gruppo eccezionale. Gli avessi chiesto di buttarsi dalle tribune del Buozzi lo avrebbero fatto. La squadra era composta da 12-13 giocatori esperti e il resto erano tutti ragazzi venuti su con me dalla Juniores. In più almeno 9 o 10 erano tutti chieresi. E si giocava al Buozzi, dove il contatto con il pubblico si sentiva eccome”.
Quando hai iniziato a capire che si poteva vincere il campionato?
“Ci sono stati diversi momenti, ma siamo partiti bene fin dall’inizio. Vinciamo all’esordio in casa e poi nella seconda giornata andiamo a vincere 2-1 a Novi, contro una delle pretendenti per la vittoria finale. Ci ha molto caricato anche la sconfitta nella gara di andata ad Asti, quando perdiamo 1-0 a 3’ dalla fine per un calcio di rigore scandaloso. Da lì è scattato qualcosa nella testa di tutti. Ci caricavano anche certe dichiarazioni un po’ boriose degli allenatori avversari”.
Come giocava quel Chieri?
“Abbiamo sempre giocato con il 4-4-2. Le due punte erano Gentile e Crivellari: il primo forte fisicamente, faceva la guerra con tutti, il secondo era un grandissimo talento che si meritava categorie superiori. Poi c’era Bellaccomo, un allenatore in campo, e Fiorito, che dava quantità e qualità. Sulle fasce Tinozzi e Pisano. E poi Franco Caon, un altro che poteva giocare in palcoscenici più prestigiosi. In porta una garanzia, Gigi Canova. Poi c’era Negro sulla destra che nell’uno contro uno creava sempre superiorità numerica. Davvero una squadra ben assortita e senza punti deboli”.
LA ROSA COMPLETA DELLA STAGIONE 1989 /1990
Basone, Bellaccomo, Canova, Caon, Crivellari, Di Leone, Favaretto, Fiorito, Gentile, Lanfranco, Manolino, Marchioro, Negro, Pisano, Rebagliati, Sabena, Spada, Tinozzi, Toppino, Vasino, Zanchin.
Allenatore: Giuseppe Dezio.
Presidente: Edoardo Benedicenti. Vicepresidente: Gervasio Leva.
Segretario: Piero De Paoli.
GIOCATORI CON PIÙ PRESENZE NEL CAMPIONATO 1989/1990
29 Caon
29 Tinozzi
28 Canova
28 Negro
28 Pisano
MIGLIORI MARCATORI
16 reti Crivellari
7 Gentile
3 Pisano
CLASSIFICA FINALE (prime posizioni)
Chieri pt 43
Novese 39
Monferrato 38
Asti 37
STRISCIA DI VITTORIE CONSECUTIVE: 5.
Ovadamobili-Chieri 0-2, Chieri-Montanaro 1-0, Chieri-Trino 1-0, Monferrato-Chieri 0-1, Chieri-Novese 2-1.
STRISCIA SENZA SCONFITTE: 18 (11 vittorie, 7 pareggi).
Dal ko con il Caselle alla 12esima giornata alla sconfitta (a promozione acquisita) contro il Trino all’ultima giornata.
GARE CONSECUTIVE SENZA SUBIRE GOL: 5.
CLEEN SHEET: 16 (su 30 giornate complessive).